lunedì 26 luglio 2010

TPW (imparando a dire grazie)

(Canzone : Winter Call dei Kula Shaker)


Settimio Benedusi è quel tipo di padre che butta in acqua il proprio figlio per insegnargli a nuotare.

Uomo dal forte intuito e grande trasportatore dal nome bizzarro, mi invita al TPW, il workshop fotografico che accoglie fotografi da ogni parte del mondo, i maestri della luce.

TPW, Time (for) Perfect Workshop e i polmoni gonfi per il panorama della Toscana, i campi di una perfetta cromìa, il silenzio sororale delle campagne.

I corsisti sono ragazzi di età differenti, ognuno con le proprie ansie, timidezze o insicurezze, ma con una grande passione in comune: la fotografia.
Pochi arabeschi di voci, ma il battito delle loro emozioni lo sento come il rombo di un motore che si sprigiona in immagini, perchè il loro obiettivo è IL "progetto" e alcune menti vergini vegetano senza parentele. La forza del buon Settimio entra in gioco soprattutto in questi momenti, parlando con franchezza, con i suoi "vaff..." come sorsate d'acqua gelida. E le menti dei ragazzi, da fogli immacolati, si aprono come gusci di un mollusco di mare.
Questa è felicità, penso.
Il luogo dove il bicchiere lo vedi mezzo pieno. Dove si ha la forza di rimanere svegli anche quando il fisico sembra abbandonarti. Tutto dilaga in una lava di melassa, e stranamente non mi irrita. Gli abbracci, le lacrime, i regali inattesi; vedo i gesti di questi estranei, modelle e corsisti, quasi sconosciuti e li associo ad una malattia contagiosa con gli occhi di un paziente impavido. Ne sono "affetti" e non li temo. Come un formicolìo nelle vene senza lesinare amore, ma donandolo.
Giorni ebbri di gioia, condivisioni e risate; l'instancabile ironia di Giorgio, l'eloquenza di Settimio, le frasi passate alla storia di Calogero e gli incontri/scontri di persone che magari non rivedrai più.
La compagnia di altri corpi mi lascia sempre un senso di tristezza. E chissà perchè dietro questi volti aperti al sorriso, io vedo la ruvidezza delle loro vite. La sensibilità. Che stanca. E allora penso non si possa far altro che imparare dalle battute, di spirito, se rimane...

Rimarrà il sopracciglio spigoloso di Settimio intento ad ascoltare, la bocca convulsa di un corsista che sbaglia, il piacere di aver ritrovato un amico, Adolfo, la gentilezza di Gabriele, la sensibilità di Checchina, l'attenzione silenziosa e gatta di Simona e la mia retraite sentimentale.


E il cuore dice che vorresti sciogliere la volontà, in questo luogo, come una forza dèflocquement, che squaglia le ossa. Perchè da una porta può aprirsi un fascio di luce a decumano. E tu potresti essere proprio davanti a quella porta.
(to be continued...)

domenica 25 luglio 2010

Do you not get off

21/07/10 Notte insonne.

Domani partirò per Chiusi. Paura di avere aspettative superiori alla realtà.
Ho solo quest'immagine da incubo in testa: due estranei in un bar si avvicinano a me e alla mia amica- ci provano - il mio solito freddo distacco, aria cinica, infastidita, disgustata - modi scocciati - uno di loro mi infila un coltello in pancia - vedo la mia morte dall'alto - urlo "Aiutatemi" - l'amica non sa che fare. Fine.


(Appunti dal mio diario di viaggio)
In treno - Milano C.le/Chiusi-Chianciano Terme
Ho sempre amato viaggiare in treno, i paesaggi sono sempre uguali: sterpaglia, ghiaia, case abbandonate, condomini fatiscenti, strade dall'alto con il solito andirivieni di mezzi.
Sento il rumore delle rotaie, ancora nei limiti del suono.
Ho sempre con me un libro in borsa. Questo periodo vuole i "Diari" di Sylvia Plath, per non smentire la mia indole autodistruttiva, pagine di depressione, solitudine, suicidio. Evviva direi.
Treno 587, Carrozza 004, Posto 116, finestrino (un must), di fronte a me altre persone, ma non riesco a delineare i loro volti, ci sono e non li vedo, per fortuna tacciono ed evitano quelle chiacchiere inutili che tanto mi irritano sul tempo, calcio, tv; in treno esigo silenzio...

Fermi sul treno causa guasto, ritardo.
Dal finestrino vedo l'uomo (caucasico?) che pochi minuti fa è venuto nella carrozza a disturbare la mia telefonata, chiedendo l'elemosina. Oltre a lui, su un muretto, ci sono 4 ragazzi, tra maschi e femmine, sui 13-14 anni ed una donna opulenta. Ora l'uomo sorride con le sue (figlie?) in fiore, ma ancora bambine, dall'aria stantia e rugosa, invecchiata. Sedute sul muretto mangiano pane e affettati imbustati; la visione, da qui, dietro al finestrino sporco, li fa sembrare di plastica, carne da cartone animato. Il più piccolo sbrana una brioche. Gioiscono per il bottino, penso, e mi sento in colpa per aver creduto mi "prendesse in giro"; i mendicanti mi irritano e al contempo mi fanno pena. Non riesco a sopportare la loro presenza, soffro troppo.
Trascrivo la scena sul mio diario, passano circa due minuti, mi volto ancora verso la loro direzione e trovo cartacce e contenitori vuoti. La rabbia mi rende sorda. Vedo lo schiaffo alla generosità umana.

lunedì 19 luglio 2010

Vacuum


E' una sera stranamente tranquilla, silenziosa, il cellulare non trilla, i grilli sussurrano, gli uccellini della vicina non cantano...la quiete prima della tempesta. Ed io in quanto a premonizioni non sbaglio mai.
L'aria è calda, leggermente umida, ma riesco a scrivere senza ventilatore, con indosso un vestito di seta leggera, fresca, bianca.
Sono stranamente triste, eppure non dovrei. Dovrei gioire perchè qualche giorno fa è uscito il mio editoriale di moda sull'inserto di un quotidiano nazionale e questo, mi dicono, dovrebbe essere una soddisfazione. Perchè non sorrido? Era quello che desideravo ed ora che è qui, sotto le mie mani, la carta appena stampata, i colori, il mio nome in prima fila, non faccio altro che abbattermi nei pensieri del "più bravo, più noto, più in gamba di me". E so, nel mio intimo, che sarà così sempre, ma che lo è per tutti. Questa incessante e appiccicosa vanità, l'orgoglio del dominio, del primeggiare e gli sforzi secchi per la corsa in avanti. Perchè arrivare secondi equivale a perdere.

Nei momenti di sconforto (e arrivano all'improvviso, senza motivo, senza una reale causa) tutte le immagini come film nella testa, ti percorrono la schiena in incubi e frasi e paure; vedi solo l'ombra sul muro che si sposta e si ingigantisce, e tu sai che hai sempre avuto il terrore delle ombre; senti il soffio del demone, benedetto, dietro il collo e tra i capelli, gli stessi capelli che la scorsa notte, un uomo, toccava ignaro, sensualmente.
Nulla ha più un senso, una razionale ragione, non c'è morale o valore che tenga, perchè vieni sottratta a qualcosa, a te stessa e non sai più chi sei, e nemmeno lo vuoi essere. Sei solo un miscuglio di idee e associazioni con il mare, l'infanzia, la morte. E Dio sa cosa voglio dire. Il Mio Dio.
Ti senti triste e pensi alle apparenze sociali, pensi che non è il caso di vomitare le tue inquietudini in faccia a degli estranei, pensi che mantenere la maschera della donna forte, aggressiva, indipendente e stronza (così piace a loro, agli uomini, è questo che "vedono" i ciechi) sia l'unico modo di sopravvivenza. Pensi che è tutta assurda la tiritera del "mi piaci-usciamo-facciamo l'amore", che è una stronzata, perchè si fa l'amore ancora prima di conoscersi, perchè è lì, negli occhi di un lui e una lei e a nessuno frega niente di quello che pensi, di "come stai". Ma il "decoro" (questo impone la gentaglia) prevede lo schema "mi piaci-usciamo-facciamo l'amore" e allora non puoi tirarti indietro e devi essere "donna", devi indossare il tuo ruolo di falsa, patetica, bugiarda, donna, casta, debole, puritana. Donna perchè lo vuole lui, loro... E tutto diventa ancora più triste, più noioso, inutile e il tuo pensiero va ai grandi uomini della storia, ai grandi filosofi, a Freud che avresti voluto come amante e padre, al pezzo che hai da scrivere, al manuale che devi completare e, forse, non pubblicherai mai. Ai sogni.
E quando sei triste è così, elemosini attenzioni, elemosini un attimo per te soltanto. E ti basta poco.
Poi tutto torna normale, nella tua solitudine.

venerdì 16 luglio 2010

Asta fotografica per Haiti

Questa sera alle ore 21.00, presso l'aula magna del comune di Arona, ci sarà l'asta benefica a favore dei popoli di Haiti. Verranno battute all'asta le immagini più belle del concorso "Uno scatto per Haiti"; ci sarà la mia vincitrice più altre due



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Mi sento in dovere di ringraziare le persone che hanno lavorato con me alla realizzazione di queste immagini: la modella Micol Ronchi (Chiambretti Night), la stylist HyeJin Lim, la make up artist Sara Del Re ed il mio caro amico, nonchè assistente fotografo Adolfo Valente.

(sullo sfondo, la cittadina aronese)

giovedì 15 luglio 2010

La parabola

La maggior parte della gente non è abituata a riflettere profondamente. Riflettere è un esercizio che aiuta a sensibilizzarsi.
La maggior parte della gente lavora, si nutre, dorme, copula, fuma, dorme ancora.
Ma che cosa accade dentro di loro, a parte digestione e fase REM? Nulla, assolutamente nulla, che significa il massimo della felicità. Loro "seguono la via maestra, e cosa vi trovano in fondo? La mediocrità."
Ecco allora che capisco di far parte di una categoria di uomini ristretta. Lavoro come loro, ma se lavoro soffro, per paura di non operare abbastanza, lavoro anche la notte, mentre tutti dormono. Se dormo, mi sveglio nel profondo del sonno, causa incubi e la maledetta ossessione di avere accanto al letto IL demone. Se mi nutro, (e devo per necessità e amore del quarto senso) mi vergogno di un corpo che contiene un intestino , e in quanto a intestino, fa quel che deve fare. Se copulo (e copulo), ogni lembo della mia pelle si sfalda sotto le mani dell'altro, per far spazio al caos di quell'esperienza eterna chiamata sesso. Sesso? Amore? Qual è la differenza?... E se fumo, in quel gesto porto tutto l'erotismo che una donna con spigolosa morbidezza e naturalezza, possa dare al gioco delle mani e delle dita, in gesti ondulati e articolati.
E tutto questo è un voto alla pazzia, mentre gli altri, democraticamente, vivono...

mercoledì 14 luglio 2010

Start


L'inizio è sempre il più difficile, così come la fine. Di un articolo, di un romanzo, di un post, in questo caso.

Questo è il secondo blog che apro, il primo lo avevo su Splinder, ora chiuso (ma non dirò il nome)...

Qual è lo scopo di questo blog? Non ne sono sicura, forse parlare di me, forse non parlarne affatto, nascondendomi. Ma una speranza di scoprirmi c'è ed è lì, nel titolo, che svela il mio vero nome e cognome, senza celarmi dietro un nick name.

Forse sarà una semplice esercitazione di scrittura, forse un modo di tenere un diario o la ricerca di interlocutori interessanti. E' un punto di domanda.

Io proverò ad essere "vera", tenterò di sbloccare quelle barriere che mi impediscono di andare avanti nei rapporti interpersonali, quei macigni che faticosamente porti nel passaggio tra te e le altre vite, quando ti senti troppo esposta.

Pagine di vita quotidiana? Di arte, di pensieri, di passioni, di umori e amori? Questo è tutto da vedere. Io posso solo assicurare di esserci...finchè ci sarò....
(nell'immagine Sylvia Plath)