martedì 10 agosto 2010

Cassandra


E' notte, e niente di più opaco esiste quanto i miei pensieri, ora, su questo divano caldo delle mie conche.
E' notte e dovrei scrivere alcuni articoli per il giornale, ma ogni cosa qui me lo impedisce: l'armadio che contiene le mie foto di bambina, foto che non ho il coraggio di guardare, la parete vuota, in attesa di quel quadro preso alla mostra di Schiele, la collezione dei 100 cd per pianoforte; tutto è carico di quel colore scuro e granoso che mi tormenta.
Bisogna imparare a convivere con l'insonnia, con quel bruciore di stomaco che ha il mangiatore di spade. La mia medicina è la scrittura. Scrivo e mi libero di un peso, il corpo diventa più leggero e i pensieri si schiariscono. A 6 anni era così, con le poesie, che venivano appese alle pareti della mia classe per volere delle maestre, a 12 con il diario, nascosto, clandestino, peccaminoso, a 20 con le lettere scritte a mano, sigillate da ceralacca, oggi le mie dita suonano su tasti quadrati, dove i numeri formano parole e la pagina svuota il mio vuoto. I blog sono apostoli della rete. Ho sempre odiato la tecnologia.

Potessi dar voce a tutti gli impulsi notturni, scriverei un libro ogni incubo.

Ai piedi del letto ho sempre un block notes ed una penna, per non perdere l'ispirazione del momento, carpe diem; ma la pigrizia sopraffà il bisogno.
Nel mio letto, sola, a luci spente, le conversazioni immaginarie sono delle più disparate: parlo col postino che oggi mi ha consegnato un pacco, con il giapponese a cui ordino un take away, con l'uomo che al semaforo mi ha sorriso dentro la sua auto. Passo molto tempo in questo modo, a interloquire sul futuro appuntamento, sul mio abito, o sull'acconciatura o sul perchè porto le scarpe di quel colore o il rossetto di un altro. Mi è capitato spesso di rivedere queste scene nella realtà. Tutto diventava reale, come fossi veggente, una specie di strega, come dire... Ma non mi sono mai soffermata tanto sulla questione, di cose strane me ne capitano... Come quella volta in cui, lo stesso giorno, nell'arco di poche ore, si era fermato il tempo: il mio orologio da polso non ticchettava più, quello in cucina nemmeno, e neanche quello del mio compagno di allora. E pensavo che forse desiderando ardentemente qualcosa, si potesse esaudire...come il mio bisogno di fermare l'istante. Ricordo che tutti i ragionamenti scientifici, non riusciavano a darmi risposte convincenti. Sono sopravvissuta ugualmente. Anche senza risposte. Io che ne chiedo sempre.

E' notte, indosso una jupe di pizzo bianco, amo la biancheria in pizzo, il vedo/non vedo, il gioco del tessuto che fa da seconda pelle, che scopre quando il corpo si muove appena.
Amo essere in ordine anche nel momento del riposo, dovessi morire nel sonno, mi troverebbero bella come viva...
E' notte e ancora la stanchezza non arriva, ma quando chiuderò gli occhi avrò già pettinato i lunghi e setosi capelli, avrò lo smalto lucente sulle dita ed il profumo di questo mese d'estate.
E' notte e volo in Francia...
(nell'immagine Cassandra, figura mitologica - Evelyn De Morgan 1878)

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