martedì 3 agosto 2010

Disgressioni

Quando si guarda da un punto di vista ristretto, tutto il resto ha più importanza; le grandi città, le mete più ambite, "le Americhe"...
Io vivo in una cittadina che ha come santo uno tra i più grandi vescovi della storia della Chiesa; qui, dicono, sulle rive del lago, tutto è più bello: la vista, le aree verdeggianti, l'aria pulita, ma nessuno, chiuso nella propria ipocrisia, parla delle "offerte" di questa cittadina.
Aperta e chiusa una parentesi, per non cadere stupidamente nelle polemiche, perchè polemica non voleva essere e nemmeno un messaggio, riconosco quel che mi è accessibile, a grandi linee: il pane, il telefono, i libri, la ragnatela (web?), gli uomini.
Uomini a cui racconto i miei peccati (non sono preti), uomini a cui confido le mie pene (non sono amici), uomini a cui ometto tutto (non sono amanti).
Se vedo in modo assolutistico ed esagerato la realtà, entro in crisi. La realtà è che in realtà io non dico niente a nessuno. Non racconto dei miei pensieri a mia madre, non all'amica, non al compagno, non alle amanti e così via...Basti che sia un essere umano, l'entità di fronte a me, per indietreggiare di venti passi, ancor prima che io pronunci una vocale. E tutto quello che dico è un falsario in serie, un anagramma di numeri primi, di formule di cui nemmeno io conosco il risultato. Una sorta di nichilismo filosofico della vita.
Mi urtano gli ottusi, mi fanno venire l'orticaria, non scherzo, oggi ho il viso pieno di macchie. Fastidio anche verso i timidi imbranati, non i timidi secchioni, topi da biblioteca, quelli li adoro. Freddo distacco altezzoso nei confronti dei belli, forse per metterli in difficoltà, loro che credono di avere in pugno la vita. E le belle? Le dee? Quale effetto mi fanno? Le Veneri hanno lo stesso effetto di una città vista la prima volta: l'imponenza delle Chiese ed un "Oooooh", il pregio del centro storico ed un "Uuuuuh", la bellezza delle case ed un "Eeeeeh", insomma un canto di vocali!
Le belle sono così, inarrivabili per definizione, anche fossero cattive o stupide. Vanno bene lo stesso. Nessuna intolleranza, credo.
Quando frequentavo le elementari facevo collezione di spille (spille gialle, rosse, piccole, grosse, tonde, quadrate, a pois, striate), più avanti sono passata alle borse ( pelle, pochette, clutch, vintage, moderne), ora mi sento una collezionista di emozioni ( a volte le frasi scontate possono tornare utili!). Fatto sta, disgressioni a parte, che una cosa l'ho imparata nella mia giovinezza arzigogolata:
un'emozione è un'emozione. Niente di più. O niente di meno. Può portare a passione, a dolore, a morte. Tutte parole che hanno a che fare col banale, sentito e ritrito, soggetti di canzoni e canzonette, di poemi e poesiole, autori o presunti tali, ma rimangono sempre emozioni. E lasciarsele scappare è cosa da stupidi. E noi non lo siamo.























(nell'immagine Madame de Pompadour ritratta da F. Boucher)

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